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Sé come contesto: osservare la propria esperienza

Lilian Pasquini – Centro Interazioni Umane

Il concetto di e in particolare la domanda e la questione del “chi sono io?” è un tema estremamente complesso che è stato trattato in svariati ambiti come la filosofia, la biologia, la psicologia e le neuroscienze. Ancora oggi non abbiamo una risposta soddisfacente e unificata di cosa sia il ; quello che sappiamo invece è che il è un elemento di grande importanza nel momento in cui parliamo di salute mentale. 

In questo articolo tratteremo del ruolo e l’importanza che il Sé ha all’interno dell’Acceptance and Commitment Therapy, dei problemi che possono insorgere e portare a sofferenza psicologica e come far fronte ad essi. 

 

Lo sviluppo del concetto di Sé

 

Il concetto di Sé e chi siamo è un qualcosa che si sviluppa durante la nostra infanzia. Quando impariamo a parlare da bambini inizialmente parliamo di noi stessi in terza persona e, solo in seguito, apprendiamo a riconoscere la nostra prospettiva e di conseguenza che esistono prospettive diverse dalla nostra. 

 

Questo ci porta a sviluppare un senso di noi stessi come diversi dagli altri e iniziamo così a costruire quella che è una descrizione del nostro . Da bambini sono descrizioni abbastanza semplici che derivano da un confronto con l’altro e da ciò che sentiamo dire dagli altri su di noi come ad esempio: “sono una bambina, con i capelli castani, un po’ timida e sensibile” perché più volte abbiamo sentito pronunciare queste parole da un nostro caro.  

 

Durante il corso della nostra vita questa descrizione si modifica e si arricchisce, mantenendo spesso caratteristiche che noi riconosciamo come nostre ed intrinseche alla nostra persona, sia che ci piacciono, sia che non ci piacciono. Queste caratteristiche emergono da situazioni ed esperienze di vita che abbiamo vissuto, così come da descrizioni che gli altri fanno di noi. 

 

Ma il , ciò che noi siamo, è solo questo? La risposta dell’Acceptance and Commitment Therapy.

 

Secondo l’Acceptance and Commitment Therapy questa appena descritta è solo una delle tre componenti del . Il infatti può essere distinto in questi tre aspetti: 

Sé concettualizzato o Sé come narrazione: ovvero la descrizione di chi siamo, gli aggettivi che usiamo per descriverci e parlare di noi. La narrazione che si è andata a formare a seguito di esperienze di vita e descrizioni che mi sono state attribuite da me o dagli altri.

Sé come processo: fa riferimento a quello che comunemente definiamo come “Io”. Tutti i pensieri, sensazioni, immagini, ricordi, emozioni e così via. La nostra esperienza. 

Sé come contesto o Sé Trascendentale: la parte di noi che osserva. Anche il come processo può essere osservato. È infatti possibile, se ci fermiamo un attimo, poter osservare i pensieri che arrivano alla nostra mente, vedere come la mente lavora e osservare il processo di pensiero. Colui che osserva la mente all’opera è proprio questo come contesto. 

 

I problemi legati al Sé concettualizzato: una questione di appartenenza e autostima

 

Avere una narrazione e storia coerente di chi siamo, o Sé concettualizzato, è utile nelle relazioni con gli altri. Noi esseri umani siamo infatti animali sociali che devono rispondere ad alcuni bisogni naturali, uno tra i più importanti per la nostra sopravvivenza, quello di appartenenza. Per rispondere a questo bisogno spesso le nostre menti ci indirizzano nel tentativo di essere o presentarci nel modo più apprezzabile agli occhi degli altri possibile. 

 

Il problema principale in questo è che nel momento in cui la nostra attenzione si focalizza sulla descrizione che diamo di noi, su come gli altri possono vederci e nei tentativi di risultare più apprezzabili, potrebbe risentirne la nostra autostima -basata unicamente su come veniamo o potremmo essere percepiti dall’altro. Una buona autostima infatti comporta un’accettazione e tolleranza anche dei difetti che nel primo caso vengono invece spesso nascosti per timore del rifiuto ed emarginazione. 

 

Un ulteriore problema legato al Sé concettualizzato può essere trovato nel momento in cui siamo estremamente attaccati a questa definizione su noi stessi. Proviamo a pensare a quante volte abbiamo sentito la frase “Ma io sono fatto così”. Questa fusione con il Sé concettualizzato ci porta a non riuscire a vedere una possibilità di miglioramento e cambiamento facendoci rimanere bloccati.

 

Ti invitiamo  a fare questo esercizio tratto dal libro “La mente liberata” di Steven Hayes. 

 

Prova a scrivere su un foglio di carta 3 frasi tutte e tre che iniziano con: 

 

Io sono…

Io sono… 

Io sono… 

 

Ora, le prime due completale con degli aggettivi o descrizioni di te positive. Non utilizzare descrizioni semplici come maschio/femmina, alto/basso. Piuttosto scrivi qualcosa che ti descrive psicologicamente come “intelligente” o “generosa”. Nella terza scrivi invece un attributo negativo che pensi di avere, come “irritabile”. 

 

Dopo averle scritte rispondi a queste domande: 

  • Per quanto riguarda le due descrizioni positive, è sempre così? 
  • Sei sempre in quel modo? 
  • In tutte le circostanze e situazioni? 

 

Probabilmente no… ed è normale!

 

E per quanto riguarda la risposta negativa, è sempre vero? Questa caratteristica è sempre presente? Se qualcuno ti osservasse tutto il giorno tutti i giorni direbbe lo stesso di te? 

 

Prova adesso a modificare le frasi mettendo aggiungendo alla fine “oppure no”. 

 

Rileggi le frasi con questa aggiunta e nota cosa succede. 

 

Chi saresti, senza queste descrizioni? Chi sta notando ciò che ti succede in questo momento leggendo le frasi che hai scritto? 

Mentre siamo concentrati a creare la narrazione di chi siamo e chi vorremmo essere, ci dimentichiamo una cosa molto importante: semplicemente di essere! 

Il Sé come contesto o trascendente: noi siamo più delle nostre descrizioni

 

L’ACT propone di spostare attenzione ed energie verso un’altra componente del Sé, passando dal Sé concettualizzato al Sé come contesto o Sé trascendente. 

 

Il Sé come contesto è quella parte di noi che è sempre presente e ci accompagna immutabile in ogni esperienza della nostra vita. Prova a pensare ad un ricordo d’infanzia, magari quando hai imparato ad andare in bici, oppure quando mangiavi un ghiacciolo in spiaggia in un caldo pomeriggio d’estate, o ancora quando scartavi i regali di Natale, o qualsiasi cosa tu riesca a ricordare. Ora pensa: chi ha fatto esperienza di questi ricordi? La parte di te che era presente in quel momento e che ora si accorge di ricordare non è forse una parte diversa dalla descrizione che abbiamo di noi e dal pensiero che stiamo avendo o ricordo in sé? 

 

Questa parte di noi viene chiamata non a caso Sé come contesto perché è come se fosse una grande stanza all’interno della quale avvengono diverse esperienze, nella quale arrivano pensieri e descrizioni, ma è più di esse. Le contiene!

 

Essere a contatto con questa parte di noi ci aiuta allo stesso tempo a percepire come anche tutte le altre persone al mondo presentano questa parte del Sé, senza giudizi, senza descrizioni, che è semplicemente vita ed esperienza. Essere consapevoli di ciò soddisfa allo stesso tempo quel bisogno di appartenenza che le nostre menti cercano di soddisfare con un senso di appartenenza più profondo, l’appartenenza alla coscienza ed esperienza umana condivisa da ognuno di noi. Possiamo quindi chiamare questa nostra coscienza Sé come contesto o Sé trascendente. 

 

Letture consigliate 

Hayes, S. (2020). La mente liberata. Come trasformare il tuo pensiero e affrancarti dallo stress, ansia e dipendenze. Giunti, Firenze.