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Report del simposio “Mindfulness: come funziona e come farla funzionare”

Giulia Castelnuovo – Centro Interazioni Umane

 

Il 19 e il 20 Ottobre 2023 si è tenuto a Milano il 3° Congresso italiano di psicoterapie cognitive-comportamentali di terza generazione, dal titolo “Processi in psicoterapia. Dai contesti di ricerca ai contesti clinici”. 

Il tema centrale del Congresso è stato l’implementation, ovvero la trasposizione in ambito clinico dei principi dimostrati a livello sperimentale, con tutte le problematiche che ciò comporta. In psicoterapia, infatti, il rapporto tra ricerca e pratica applicata rappresenta ancora una sfida impegnativa per gli interventi che ambiscono a dichiararsi evidence-based: ciò è ancor più vero oggi, con l’avvento della prospettiva processuale.

Portare l’attenzione del clinico sugli aspetti processuali crea un ponte che unisce laboratorio (studio dei processi e distillazione dei principi) e ambulatorio (applicazione di protocolli e procedure). La Processed Based Therapy (PBT) non è da intendere come nuovo brand, ma come un approccio laico adottabile da ogni orientamento clinico, capace di traghettare le psicoterapie oltre il DSM e di fondarle su un comune terreno scientifico: individuare le variabili processuali della sofferenza psicologica e le loro dinamiche. Potenzialmente, dunque, può essere adottata qualunque unità terapeutica di base che dimostri empiricamente di essere in grado di alterare funzionalmente un processo al servizio dell’adattamento e del benessere psicologico.

Attraverso stimolanti interventi nel Simposio “Mindfulness: come funziona e come farla funzionare”, il Prof. Anchisi, il dott. Maffini e le dott.sse Campo e Nova hanno condiviso con i partecipanti interessanti spunti relativi alle tecniche di meditazione e mindfulness.

 

Meditazione, non solo rilassamento. Benson: dalla Relaxation Response al Breakout Principle.

 

 

Ha aperto il simposio il Prof. Anchisi che ha descritto come la tecnica della risposta di rilassamento di Benson, Relaxation Response in inglese, possa condurre al Breakout, un “momento di rottura” che attiva una sorta di innesco biologico che converte conflitto e confusione in chiarezza, creatività e produttività. 

 

In particolare, la tecnica di Benson ha l’obiettivo di lasciare andare le emozioni da noi temute per permettere a emozioni gradevoli di emergere. Una specifica situazione può elicitare in noi  emozioni fortemente sgradevoli che possono portarci  a una risposta di evitamento. Il terapeuta può chiedere  di evocare una situazione del passato in cui la persona ha sperimentato gioia e felicità e, durante la pratica, tali ricordi e le emozioni a questi connessi possono essere innestati sulla situazione temuta. Con l’aiuto di questa tecnica molto potente, le persone possono essere in grado di riuscire, dopo poche sedute, a muoversi nella direzione di ciò che è importante per loro, anche quando hanno il timore che emergano anche emozioni di minaccia. 

 

Il professore ha ricordato ai partecipanti l’importanza, nel lavoro clinico, di individuare la “spina irritativa”, l’esperienza passata responsabile delle problematiche comportamentali, e confrontare la logica della persona con la logica vera e propria che riguarda la condizione umana: parole come “mai”, “sempre”, “tutto” o “niente”, che frequentemente le persone verbalizzano, in realtà non descrivono in modo corretto la loro esperienza. Un’analisi fattuale delle esperienze attuali e passati possono condurre la persona a individuare quando, con chi, per quanto tempo, da quanto tempo, in quali situazioni, dove, ecc., emergono determinati sensazioni, pensieri, impulsi, emozioni e comportamenti. Questo aiuta le persone a vedere con chiarezza gli elementi che influenzano il proprio stato e il proprio comportamento e a intervenire.  

 

Mindfulness ACT oriented nel contesto scolastico: processi e pratiche per il benessere di insegnanti e allievi

 

Le dottoresse Campo e Nova hanno presentato ai partecipanti l’esperienza di un percorso di Mindfulness realizzato presso una scuola primaria e secondaria della periferia milanese. Le professioniste sono state contattate dalle insegnanti dopo il lockdown; la richiesta era quella di elaborare un progetto di intervento orientato a supportare bambini e ragazzi particolarmente provati dal periodo dall’emergenza sanitaria.  

 

Gli obiettivi del progetto erano molteplici: sviluppare un buon controllo dell’attenzione, aumentare strategie di autocontrollo, accrescere la consapevolezza emotiva e la relativa attivazione fisiologica, introdurre comportamenti di prosocialità e perspective taking, promuovere la capacità di costruire interazioni amicali. 

 

Il percorso proposto ai bambini della scuola primaria era intitolato “Esploratori della mente e del cuore”. Attraverso gli incontri sono state proposte ai bambini molteplici attività adattate in modo flessibile alle necessità delle varie classi. Per citarne alcune: elaborazione dello stemma di classe, la mongolfiera delle cose importanti, pratiche di mindfulness, visualizzazione del posto sicuro. 

 

Per il perseguimento degli obiettivi con i ragazzi della scuola secondaria di primo grado le professioniste hanno lavorato attraverso l’uso del modello DNA -V che ha permesso di allenare la flessibilità psicologica degli alunni. 

 

Le batterie di test somministrate a bambini, ragazzi, genitori e insegnanti hanno permesso di rilevare un cambiamento significativo nelle abilità di mindfulness.

 

Anche per gli insegnanti è stato progettato un percorso avente i seguenti obiettivi: sostenere il benessere degli insegnanti attraverso l’esplorazione dei loro valori e delle trappole della felicità, guidare gli insegnanti ad una maggior consapevolezza delle proprie emozioni e pensieri, allenare gli insegnanti all’ascolto profondo e alla comunicazione consapevole, trasferire competenze e abilità nel contesto classe. Sono state proposte numerose pratiche e attività orientate ad allenare i processi della flessibilità psicologica. Anche in questo caso i dati pre e post intervento hanno rilevato un trend di miglioramento sia rispetto alle abilità di consapevolezza che relativamente ai processi della flessibilità. 

 

La presentazione delle dott.sse Campo e Nova si è conclusa con la proiezione di un video (che ha emozionato la platea!) realizzato, al termine del percorso, dai bambini della scuola primaria. 

 

Integrazionismo radicale: una prospettiva radicalmente processuale alla mindfulness

 

Ha chiuso il simposio il dott. Maffini con il suo contributo dal titolo: Incorporazionismo radicale –

Una prospettiva radicalmente processuale alla mindfulness. 

Il dott. Maffini ha sviluppato il suo intervento prendendo spunto da un saggio introduttivo di Fabio Gimmi al testo “Mindfulness. Al di là del pensiero, attraverso il pensiero” (Z.V. Segal, J.M. Williams, J.D. Teasdale). In questo saggio, Giommi descrive le differenze tra approccio radicale e approccio incorporazionista alla mindfulness. 

 

Secondo l’approccio radicale la mindfulness è considerata il perno su cui poggia tutto l’intervento; i radicali riconoscono nella figura Jon Kabat-Zinn il maestro di riferimento; la  mindfulness è considerata come la cornice alla ricerca cognitiva, è una generatrice di ipotesi di ricerca o cliniche;  infine, secondo questa prospettiva la mindfulness è necessaria e spesso anche sufficiente. 

Gli incorporazionisti (come i teorici dell’ACT e in generale delle Process-Based Therapy) sostengono che sia la ricerca cognitiva o comportamentale a far da cornice alla mindfulness;  la mindfulness deve essere ritradotta e ridotta ai principi di quella specifica forma di psicoterapia; secondo l’approccio incorporazionista la mindfulness è necessaria ma non sufficiente. 

 

Il dottor Maffini ritiene che attualmente la direzione sia quella di un “incorporazionismo radicale” e molteplici sono le ragioni che supportano tale direzione: 

  • la necessità di personalizzare l’intervento (in particolare può essere che alcune persone non siano disponibili alle pratiche di mindfulness);  
  • la necessità di una spiegazione causale (il metodo contemplativo buddhista fa riferimento alle evidenze neuroscientifiche che non possono però essere considerate esplicative); 
  • risulta necessario armonizzare con il metodo scientifico sperimentale (e il metodo contemplativo buddhista non rientra di fatto nel metodo scientifico); 
  • c’è la necessità di una teoria psicologica comprensiva e coerente con le altre scienze, l’ACT e le process-based Therapy si impegnano molto in questo. 

 

Il dottor Maffini ha concluso con le sue personali considerazioni: a suo avviso possiamo ritenere la mindfulness come un macroprocesso di transizione in grado di generare ipotesi di ricerca; sarebbe opportuno superare la mindfulness perché non è, a suo avviso, né necessaria né sufficiente alla pratica clinica e sarebbe per lui auspicabile superare l’ipertrofia esecutiva su cui si basano quasi tutte le terapie di terza generazione, che tendono a dare molto rilievo alle funzioni esecutive, per dare invece maggior peso a quella parte della psicologia che si occupa di processi impliciti e consapevoli. 

 

Giulia Castelnuovo, psicologa e psicoterapeuta.

Specializzata in psicoterapia presso l’Accademia di Scienze Comportamentali e Cognitive di Parma, mi occupo di adulti e giovani adulti che stanno attraversando fasi della vita difficili e stressanti, sopraffatti da situazioni, emozioni e pensieri che li allontanano da ciò che è veramente importante. In seguito all’individuazione condivisa degli obiettivi del percorso, opero in chiave ACT sui processi che stanno alla base della flessibilità psicologica al fine di accompagnare le persone con cui lavoro verso una vita piena, ricca e significativa