Difficoltà a concentrarsi: cosa fare?
Cristina Rossi – Centro Interazioni Umane
La difficoltà di concentrazione è una problematica sempre più diffusa. Si tratta dell’incapacità di focalizzarsi su un compito e ignorare, allo stesso tempo, eventuali stimoli di distrazione. Può essere causata da vari fattori come la stanchezza, il multitasking, l’uso di caffeina, un mancato riposo adeguato, l’uso di dispositivi elettronici e la sedentarietà.
Strumenti come la mindfulness e l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy) si sono dimostrati utili per migliorare la capacità di concentrarsi su un compito e riuscire a stare nel “qui ed ora”.
Se vuoi ritrovare il tuo focus e scoprire di più sui meccanismi e i fattori che influenzano la concentrazione, leggi fino in fondo: troverai le risposte che cerchi!
In che cosa consiste la concentrazione?
“La concentrazione è un processo cognitivo che implica l’abilità di focalizzarsi su un compito e ignorare, allo stesso tempo, eventuali stimoli di distrazione” (Moran, 1996).
A tutti quanti è capitato, almeno una volta, di rileggere più volte la stessa frase di un libro per non averne colto il significato al primo tentativo. Questa esperienza è spesso dovuta alla perdita di concentrazione. Questa facoltà è strettamente legata con il processo attentivo. Infatti, spesso accade che un pensiero, un rumore o un sentimento diventi il centro della nostra attenzione e ci faccia perdere il focus sull’attività che stavamo svolgendo (Moran 2012).
Come detto, la concentrazione è una capacità strettamente legata all’attenzione. È infatti quest’ultima che ci permette di selezionare alcuni stimoli ambientali tra i molti disponibili in un dato momento e di ignorarne altri. Essa è influenzata dall’arousal (o livello di attivazione), il quale può variare lungo un continuum che va dal sonno all’eccitazione diffusa. Problematiche riguardanti la concentrazione e l’attenzione vanno poi spesso a riflettersi anche sulla capacità di memorizzazione.
Distrazioni interne ed esterne
Secondo la teoria di Yerkes e Dodson, a bassi livelli di attivazione l’individuo si distrae facilmente, ma ciò accade anche a livelli troppo elevati, a causa dell’ansia eccessiva. (Yerkes e Dodson, 1908).Le distrazioni possono essere complessivamente di due tipologie: interne (come pensieri, preoccupazioni, ricordi) ed esterne (ad esempio rumori, luci e oggetti in movimento).
A causa della scarsità di ricerche sulle distrazioni interne, i meccanismi teorici attraverso i quali i pensieri e i sentimenti possono interrompere la concentrazione sono stati in gran parte sconosciuti fino a tempi recenti.
Wegner (1994) ha sviluppato un modello con cui ha fornito una spiegazione del perché i vuoti attenzionali spesso si verifichino nel momento più inopportuno.
Secondo Wegner, quando le persone cercano di sopprimere un pensiero, si impegnano in una ricerca controllata di pensieri diversi dal pensiero indesiderato.
Allo stesso tempo, tuttavia, la nostra mente conduce una ricerca automatica di qualsiasi segno del pensiero indesiderato. In altre parole, l’intenzione di sopprimere un pensiero attiva una ricerca automatica di quel pensiero stesso, nel tentativo di controllare se l’atto di soppressione ha avuto successo o meno.
Perciò, in determinate circostanze (ad esempio, quando le nostre risorse attenzionali sono esaurite a causa della fatica o dello stress), si verifica un’intrusione del pensiero indesiderato. Wegner attribuisce questo effetto di rimbalzo all’eccessivo carico cognitivo.
Consigli per ritrovare il tuo focus
Quotidianamente siamo pervasi da cattive abitudini che vanno ad appesantire il nostro carico cognitivo e che possono andare ad interferire con la nostra capacità di concentrarci.
Un recente studio pubblicato da Harvard nel 2022, ha messo in luce alcune di esse:
1) Il multitasking. Essere in grado di fare più cose in parallelo non è un pregio! Infatti, ciò va spesso a discapito della qualità finale di ogni singolo compito. Fare una cosa alla volta, al contrario, aiuta a orientare le risorse attentive e di conseguenza a svolgere un’attività in maniera ottimale e con minore sovraccarico
2) La mancanza di attività fisica. Molto spesso non vi dedichiamo abbastanza tempo e preferiamo lavorare un’ora in più piuttosto che ritagliarci questo spazio per muoverci un po’. In realtà, basterebbero solo 10 minuti di corsa o camminata veloce per aumentare il flusso sanguigno alla corteccia prefrontale, la parte del cervello responsabile delle funzioni esecutive (come rimanere concentrati su un compito fino al suo completamento).
3) La mancanza di sonno. Come citato in precedenza, un livello ottimale di attivazione (o arousal) è un fattore fondamentale per riuscire a rimanere concentrati su un compito. Secondo gli autori, bisognerebbe dormire almeno 7 ore a notte. Inoltre, è bene rammentare non solo l’importanza della quantità ma anche della qualità di quest’ultimo. Un sonno frammentato e con diversi risvegli notturni può avere un impatto negativo sulle capacità attentive durante il giorno.
4) L’eccesso di caffeina. Gli studi hanno dimostrato che la caffeina può aumentare temporaneamente l’attenzione, ma troppa può rendere nervosi, ansiosi e di conseguenza distratti. La FDA considera 400 milligrammi al giorno (4-5 caffè) un livello sicuro per adulti sani, ma a livello soggettivo potrebbe già essere una quantità eccessiva.
5) L’utilizzo di dispositivi elettronici. Lo smartphone dovrebbe essere riposto in un luogo in cui non sia direttamente accessibile. A volte basta il suono di una notifica per farci perdere il filo di ciò che stavamo facendo!
Inoltre, è utile fare esercizio sulla consapevolezza per migliorare la concentrazione. Un obiettivo utile può essere quello di impedire alla mente di vagare durante lo svolgimento dei compiti di routine, come mangiare, fare la doccia, cucinare un pasto o pulire la casa.
Concentrazione e mindfulness: stare nel qui ed ora.
L’allenamento alla consapevolezza è una strategia di focalizzazione dell’attenzione che ha avuto origine nella tradizione meditativa buddista. Secondo Kabat-Zinn (2005), la mindfulness implica un modo di vivere le cose in maniera aperta, momento-momento e senza giudicare.
Questa enfasi sull’adozione di un orientamento non giudicante alle distrazioni è importante perché distingue l’allenamento alla consapevolezza da tecniche di controllo cognitivo più attive, come la soppressione del pensiero. Sollecitando l’accettazione piuttosto che l’eliminazione di pensieri e sentimenti invadenti e indesiderati, l’allenamento alla consapevolezza si pone come obiettivo quello di concentrarsi sul “qui ed ora”.
In un recente esperimento, è stato studiato l’effetto di un programma di allenamento alla consapevolezza di 6 settimane sulle esperienze di alcuni atleti d’élite durante l’allenamento. I risultati hanno mostrato come questi ultimi abbiano sperimentato un’immersione maggiore nell’attività che stavano svolgendo, rispetto a un gruppo di controllo che non aveva seguito il programma.
Alla base di questo studio vi è uno dei principi fondamentali dell’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), ovvero la consapevolezza. Quest’ultima si è dimostrata un fattore determinante al fine di aumentare la capacità di impegnarsi e vivere in maniera non giudicante il momento presente.
Letture per approfondire:
Aherne, C., Moran, A., & Lonsdale, C. (2011). The effects of mindfulness training on athletes’ flow: An initial investigation. The Sport Psychologist, 25, 177–189.
Erisman, S. M., & Roemer, L. (2010). A preliminary investigation of the effects of experimentally induced mindfulness on emotional responding to film clips. Emotion, 10, 72–82.
Hayes, S. C., Luoma, J., Bond, F, Masuda, A., & Lillis, J. (2006). Acceptance andCommitment Therapy: Model, processes, and outcomes. Behaviour Research and Therapy,44, 1–25.
Kabat-Zinn, J. (2005). Coming to our senses: Healing ourselves and the world through mindfulness. New York: Hyperion
Matthew Solan (2022) Finding your focus. Trouble concentrating when doing even the simplest tasks? Here are eight tips to keep your attention front and center. Executive Editor, Harvard Men’s Health Watch; 26(8): 1-7. (2p)
Moran, A. P. (1996). The psychology of concentration in sport performers: A cognitive analysis. Hove, East Sussex, UK: Psychology Press.).
Wegner, D. M. (1994). Ironic processes of mental control. Psychological Review, 101, 34–52.
Yerkes, R. M., & Dodson, J. D. (1908). The Relation of Strength of Stimulus to Rapidity of Habit-Formation. Journal of Comparative Neurology and Psychology, 18, 459-482. http://dx.doi.org/10.1002/cne.920180503).