Che cos’è la vergogna e perché esiste
Elena Turco – Centro Interazioni Umane
La vergogna è un’emozione complessa che scaturisce da una valutazione negativa di se stessi. Sia la vergogna che il senso di colpa, non sono emozioni negative di per sé: fanno parte del nostro corredo biologico innato e possono essere utili per fornirci informazioni importanti sull’andamento del nostro comportamento, segnalandoci, eventualmente, quando modificarlo.
A che cosa serve la vergogna?
A tutti è capitato di provare vergogna in situazioni quotidiane, ma forse pochi di noi si sono chiesti perché questa emozione si manifesti. Le radici della vergogna vanno ricercate nell’evoluzione della specie umana: infatti, noi siamo animali sociali e, in quanto tali, abbiamo il bisogno di sentirci desiderati e accettati dai nostri simili.
Tale bisogno di appartenenza ci porta ad essere alla costante ricerca di piccoli indizi dal mondo esterno che ci dicano quanto il nostro comportamento sia adeguato al contesto e che cosa gli altri pensino di noi. Dal punto di vista dell’evoluzione, la vergogna serve a evitare l’esclusione sociale, garantisce la nostra sopravvivenza e ci aiuta ad adeguare il nostro comportamento a quello di chi ci circonda. Così facilita il nostro adattamento all’ambiente.
A livello di comunità, la vergogna serve a promuovere l’armonia e l’ordine perché ci aiuta ad evitare quei comportamenti che sono contrari alle norme morali e sociali. Inoltre, la vergogna è utile nel momento in cui commettiamo un errore: ci indirizza verso un’azione riparativa. Per esempio, se per sbaglio urtiamo qualcuno per strada e proviamo vergogna, il nostro istinto potrebbe essere quello di “chiedere scusa” per cercare di riparare la situazione.
A livello individuale, invece, la vergogna serve come campanello d’allarme per quando non operiamo in direzione dei nostri valori personali.
Non temete di mostrare agli altri che state provando vergogna: infatti, questa emozione tende a suscitare, nelle persone che vi circondano, empatia e un senso di cooperazione, nonché una risposta prosociale e di aiuto.
La vergogna può essere disfunzionale
La vergogna, come tutte le emozioni, non possiede di per sé connotazioni positive o negative. Può essere più o meno utile a seconda del contesto e della frequenza con la quale si presenta. Infatti, se la ricerca degli indizi sull’adeguatezza del nostro comportamento diventasse esasperata, potremmo sentirci bloccati nell’agire e percepire frequentemente segnali di critica, disgusto e condanna da parte degli altri.
Le persone che spesso provano vergogna tendono a essere fortemente autocritiche: possiedono un’estrema sensibilità al rifiuto e all’esclusione sociale che vengono vissuti come se fossero una vera e propria minaccia alla propria sopravvivenza.
Quando una persona prova vergogna e non mette in atto le azioni riparative di cui abbiamo accennato sopra, il risultato potrebbe essere il ritiro sociale, l’isolamento e il rimuginio ossessivo su quelle parti del sé che vengono percepite come negative. Potrebbe preferire allontanarsi dagli altri, continuare a pensare “E se avessi fatto così”, piuttosto che agire e, per esempio, chiedere scusa.
Vivere in uno stato di costante iperattivazione del sistema emotivo di minaccia, uno dei processi che regolano la nostra interazione con l’ambiente, in particolare, quando siamo o pensiamo di essere in pericolo, può provocare stress, burnout e mania.
Come l’ACT interviene sulla vergogna quando non è utile
Nei casi in cui il senso di vergogna diventi frequente e legato a pensieri ossessivi di autocritica, potrebbe generarsi un blocco. Potremmo, infatti, rimanere agganciati a pensieri o emozioni spiacevoli che ci ostacolano e provare disagio nelle relazioni con gli altri. Infatti, la vergogna, sebbene appaia come un’emozione strettamente personale, ha a che fare con l’interazione e con l’ambiente sociale.
L’Acceptance and Commitment Therapy (ACT) può aiutarci a diventare consapevoli di questo dialogo interiore, a monitorarlo cogliendone i segnali preliminari, per poi prendere le distanze da questi pensieri ed emozioni.
Per contrastare l’iper-attivazione del sistema emotivo di minaccia, si può anche stimolare il sistema emotivo di sicurezza sociale, ossia uno dei processi che ci consentono di tranquillizzare il nostro corpo, o meglio il sistema nervoso parasimpatico, attraverso sensazioni di cura e accudimento, che ci portano a sentirci sicuri e protetti.
L’attivazione del sistema emotivo di sicurezza sociale può contrastare l’isolamento e il rimuginio attraverso:
- La relazione con gli altri, lavorando sul senso di appartenenza e rafforzandolo
- Attraverso il rapporto con se stessi, imparando a rivolgersi con self-compassion – gentilezza e comprensione verso se stessi. Anche nei momenti di sofferenza, è importante essere compassionevoli verso se stessi e limitare la funzione di autocritica.
Come gestire la vergogna?
Quando una persona prova vergogna potrebbe focalizzare l’attenzione sui propri difetti e sul senso di inadeguatezza, ottenendo un allontanamento dall’ambiente circostante e, magari, anche dalle persone che gli sono vicine.
Per esempio, potrebbe capitare che ci sentiamo catturati da un pensiero, come “sono debole” o “non valgo abbastanza” e, così, la nostra attenzione viene completamente catturata da questo pensiero e dai tentativi di evitarlo e cancellarlo dalla nostra mente, “ad ogni costo”, per esempio evitando sistematicamente le situazioni che lo generano o mettendo in atto comportamenti di adeguamento al contesto sociale, anche quando in contraddizione con i propri valori personali.
Come ben sappiamo questi tentativi di evitamento di esperienze interne indesiderate non solo non sono utili, ma non ci permettono di notare quello che sta succedendo intorno a noi, impedendoci di entrare in contatto con le persone che ci sono vicine, anche quando dimostrano cura e calore sincero nei nostri confronti.
L’ACT, favorendo l’utilizzo di perspective taking, può aiutarci a notare la cura e il calore che provengono dalle persone che ci circondano nei momenti in cui proviamo vergogna. Inoltre, questo cambio di prospettiva potrebbe consentire la nascita e la maturazione della consapevolezza che la compassione e la gentilezza che rivolgiamo al prossimo, può essere rivolta in primis anche a noi stessi.
Se vuoi imparare come potenziare le tue abilità di perspective taking e contrastare i tentativi dannosi di evitamento esperienziale, informati sui percorsi di psicoterapia individuale o in piccolo gruppo proposti dal Centro Interazioni Umane.
Per approfondire
Barnard, L., & Curry, J. F. (2011). Self-Compassion: Conceptualizations, Correlates, & Interventions. Review of General Psychology, 15(4), 289–303. https://doi.org/10.1037/a0025754
Beer, J. S., & Keltner, D. (2004). What is unique about self-conscious emotions?. Psychological Inquiry, 15(2), 126-129.
Luoma, J., & Lejeune J. (2022). ACT with Compassion: utilizzare l’ACT e la scienza delle emozioni per approfondire il lavoro con i pazienti bloccati nell’autocritica e nella vergogna. Milano, 14/05/2022. Hotel Lombardia Milano s.r.l.
Gilbert, P. (2003). Evolution, Social Roles, and the Differences in Shame and Guilt. Social Research: An International Quarterly, 70(4), 1205–1230. https://doi.org/10.1353/sor.2003.0013